Chirurgia si o no?
Quanto tempo ci vorrà per tornare a giocare? Mi devo operare? Quando? Se non faccio sport, ma non mi opero mi verrà l’artrosi prima?
Queste sono le più comuni domande tra chi ha appena subito un infortunio al ginocchio con lesione legamentosa al crociato anteriore. La letteratura scientifica sta provando a dare tutte le risposte, con l’unica certezza che un adeguato programma fisioterapico rimane la strategia migliore. Infatti arrivare nel miglior modo possibile ad un intervento chirurgico in termini di forza, mobilità articolare, gonfiore e dolore migliora poi il recupero successivo in termini di tempo e qualità, e perché se arrivo dopo 2 mesi di fisioterapia con ottimi risultati, potrei anche decidere di proseguire sulla strada conservativa senza chirurgia in taluni casi e sport.
Perché tutta questa attenzione attorno a questo tipo di infortunio? E perchè tante informazioni apparentemente in contrapposizione? Tra nuovi protocolli che negli ultimi anni hanno lanciato nel professionismo (calcio in particolare) una corsa alla riduzione dei tempi di recupero, le parole d’ordine nel 2020 sono cautela e personalizzazione. Non per forza qualcosa di rotto deve essere ricostruito quindi ogni percorso di cura dopo lesione dovrà essere ben valutato. Cautela perché i dati epidemiologici molto allarmanti, sotto i 25 anni, un quarto dei soggetti ha riportato una nuova lesione allo stesso ginocchio o al controlaterale e solo il 65% dei soggetti. (https://bjsm.bmj.com/content/50/12/744.long)
Quindi come approcciarsi ad un infortunio?
La lesione del legamento crociato anteriore è un esito che può accadere successivamente ad un trauma distorsivo al ginocchio, può purtroppo essere associata a lesione meniscale e del legamento collaterale mediale.
La gestione della fase post traumatica è il primo punto importante di recupero dall’infortunio. Tra la diagnosi clinica medica unita ad eventuale esame diagnostico richiesto, si inizia la riabilitazione che mira a proteggere l’arto infortunato, gestione dei carichi ed eventuale tutore, e promuovere un comportamento attivo in base a gonfiore, dolore, mobilità e capacità di deambulazione. Se si confermeranno lesioni dalla visita ortopedica ed esame strumentale, lo scenario consigliato è quello di iniziare un percorso fisioterapica per almeno 8 settimane, meglio 12 in cui raggiungere una condizione in cui si arriva ad avere un ginocchio che viene definito “calmo” da uno studio scientifico (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6546284/)
Che significa? Se non vi è dolore, se non ci sono stati episodi di cedimento, se si ha una mobilità e forza sufficiente, la via conservativa a quel punto sarebbe la strada da seguire per coloro che non praticano attività sportiva o che praticano un’attività sportiva poco variabile, come corsa, danza, attività in palestra.
Aver riportato anche lesioni meniscali e cartilaginee associate porta a considerare l’opzione chirurgica come la migliore, mentre il rischio di sviluppare una successiva osteoartrosi sembra ormai essere il medesimo sia in soggetti operati che non operati (https://bjsm.bmj.com/content/52/18/1199.long). È l’aver subito la lesione con l’aggravante di una lesione meniscale associata che fa aumentare la probabilità di svilupparla nei 10 anni successivi (https://bjsm.bmj.com/content/53/18/1162.long).
In letteratura vengono riportati casi di lesioni al legamento crociato in soggetti che praticano calcio e football americano che sono tornati a giocare senza intervento o che hanno scoperto con esami successivi di aver riportato una lesione senza accorgersene, ma i pochi studi scientifici in merito ad oggi confermano che in caso di sport in cui sono previsti atterraggi e cambi di direzione, l’opzione chirurgica rimane ad oggi quella primaria.
Discorso diverso per atleti professionistici che per motivi prevalentemente contestuali, affrontano sin da subito l’intervento chirurgico, anche nel post intervento poi i tempi dovrebbero essere anche per loro ben ragionati rispetto a 4-6 mesi dei quali si sente parlare oggi.
La chirurgia si può considerare come un nuovo trauma sul ginocchio e la riabilitazione post intervento sia in soggetti professionisti che deve seguire dei passi ben definiti e passare a step successivi solo dopo il raggiungimento di alcuni parametri.
(https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S1466853X13000679?via%3Dihub)
La prima fase ha come obiettivo un ripristino dello schema del passo corretto, con estensione completa, circa 120 gradi di flessione, esercizi senza dolore, normale mobilità articolare femoro-rotulea, risposte positive alle proposte di esercizi e di progressione. Questa fase potrebbe durare 4 settimane, ma importante è raggiungere i parametri elencati prima di progredire alla fase centrale che durerà circa 4-5 mesi, ma dipenderà, da età, livello di attività ed obiettivi. (https://online.boneandjoint.org.uk/doi/full/10.1302/2058-5241.2.170011)
Grande importanza sarà data agli aspetti qualitativi del movimento, con il sistema nervoso centrale che dovrà apprendere le nuove abilità tecniche. Non vi deve essere alcuna sensazione di cedimento durante le proposte. Per quanto riguarda aspetti di forza, si deve aver raggiunto almeno l’80% della forza rispetto al quadricipite ed ischiocrurali controlaterali e un’asimmetria inferiore al 20% nella batteria degli hop test, dei test di salto.
Tra le 8 e le 16 settimane, sempre in base ai risultati dei precedenti test, si inizia ad impostare la corsa (https://bjsm.bmj.com/content/52/22/1437.long).
Esistono diverse scale di valutazione da compilare per andare a dare un parametro oggettivo ai miglioramenti, le più usate negli studi scientifici sono la IKDC e la Tampa Scale of Kinesiophobia per indagare gli aspetti psicologici dell’atleta.
L’ultima fase è quella che viene definita di ritorno allo sport, andranno inserite sempre piu attività legate alla tipologia di sport ed il ruolo all’interno dell’atleta. Le proposte di esercizi si trasformano in attività sul campo, verrà posta molta attenzione agli aspetti psicologici, come ansia e paure nell’eseguire i gesti sportivi.
Per il ritorno ufficiale all’attività sportiva, esistono alcune batterie di test che valutano aspetti multifattoriale (https://link.springer.com/article/10.1007/s00167-016-4246-3), forza, salti, atterraggi, capacità aerobiche, ma molto importante sarà un inserimento poi nelle competizioni di allenamento e amichevoli per far tornare l’atleta a prendere confidenza con le reali difficoltà, a prendere misure con spazi, avversari e quindi a gestire più stimoli in contemporanea senza pensare al ginocchio. Per arrivare a questo aspetto, è importante aver utilizzato sin dai primi mesi strategie riabilitative volte ad allenare la componente cognitiva, neuromuscolare e visuo-spaziale che l’atleta dovrà trasferire da un ambiente protetto come la palestra riabilitativa all’ambiente sportivo.
Diverso è un rientro allo sport da un ritorno alla performance precedente infortunio che deve essere l’obiettivo finale degli sportivi.
In che tempi? Un recente studio scientifico evidenzia che la possibilità di nuovo infortunio si riduce del 51% ogni mese ritardato di ritorno in campo. La durata effettiva è variabili e costruita sull’atleta, per gli sport di salto e cambi di direzione la media dovrebbe assestarsi sui 9 mesi dalla chirurgia, con molta piu cautela negli under 25 per l’alto tasso di recidiva.
Bibliografia
-ACL injuries in men’s professional football: a 15-year prospective study on time trends and return-to-play rates reveals only 65% of players still play at the top level 3 years after ACL rupture” (Walden et al 2016).
-“Development of a test battery to enhance safe return to sports after anterior cruciate ligament reconstruction” (Gokeler et al 2017)
-Young Athletes Who Return to Sport Before 9 Months After Anterior Cruciate Ligament Reconstruction Have a Rate of New Injury 7 Times That of Those Who Delay Return (Beischer et al, 2020)
-“Clinical course and recommendations for patients after anterior cruciate ligament injury and subsequent reconstruction: A narrative review” (Gokeler et al 2017)
“Task based rehabilitation protocol for elite athletes following anterior cruciate ligament reconstruction: a clinical commentary” (Herrington et al 2013)
-Criteria for return to running after anterior cruciate ligament reconstruction: a scoping review (Rambaud at al, 2018)
-Return to pivoting sport after ACL reconstruction: association with osteoarthritis and knee function at the 15-year follow-up (Øiestad et al, 2018)
-What’s the rate of knee osteoarthritis 10 years after anterior cruciate ligament injury? An updated systematic review (lie et al, 2019)
-Coper Classification Early After Anterior Cruciate Ligament Rupture Changes With Progressive Neuromuscular and Strength Training and Is Associated With 2-Year Success: The Delaware-Oslo ACL Cohort Study. (Grindem, 2019)